La Pesca In... sostenibile

Guida all'acquisto responsabile del pesce

Vogliamo contribuire ad aumentare l'attenzione sui problemi della pesca da parte dei consumatori e di coloro che si occupano di pesca per motivi professionali. Per questo abbiamo pensato di produrre la nostra guida all'acquisto, uno strumento tascabile da portare in pescheria per aiutarci ad essere consumatori responsabili, evitando di comprare specie fuori stagione, sottoposte ad eccessiva pressione di pesca o provenienti da allevamenti poco controllati o da pesca indiscriminata.

La pesca, attività tradizionale che l’uomo pratica fin dall’antichità, ancora oggi offre sostentamento e lavoro a milioni di persone in tutto il mondo.

Negli ultimi 50 anni, la domanda globale di pesce è quasi raddoppiata e nel 2016 il suo consumo ha raggiunto per la prima volta i 20 kilogrammi pro capite l’anno. Per far fronte ad una richiesta così elevata e in continuo aumento, si è ricorsi alla produzione a livello industriale, a discapito di quella artigianale, incapace di competere con i moderni e potentissimi mega-pescherecci. 

I danni scaturiti da queste dinamiche sono ormai evidenti: globalmente l’80% delle scorte ittiche sono state dichiarate totalmente sfruttate o ipersfruttate. Il 90% dei grandi pesci predatori, come pescispada,tonni, merluzzi, è scomparso. Secondo le previsioni nel 2050 nei mari ci sarà più plastica che pesci. Ogni anno vengono uccisi dalle reti di pesca 300,000 individui, tra balene, delfini e polpi.* Si tratta del fenomeno chiamato “bycatch”(cattura accidentale), effetto collaterale dei sistemi industriali di pesca, dove con le reti vengono tirate su tonnellate e tonnellate di pesci, la maggior parte dei quali non adatti al consumo umano.

Quando le reti tirano su, oltre alla specie commestibili, anche squali, tartarughe e delfini, si rompe quell’equilibrio che in mare mantiene gli stock ittici su livelli standard. Oggi l’overfishing (la pesca eccessiva) ha rotto questi standard, gli stock ittici non hanno più la capacità di rigenerarsi e quindi sono destinati al collasso. E, dobbiamo pensare, ad esempio, alla pesca del tonno e dei pesci spada. Una volta, sino agli anni sessanta, i pescatori di mezza Europa, sbarcavano tonnellate di pesci spada dalle loro barche. Benché il numero possa sembrare eccessivo erano tutti pesci di grandi dimensioni, pesci che avevano raggiunto già diverse volte la riproduzione ed avevano dato al mare la loro progenie.

Ecco che invece oggi, sempre più pescatori, in maniera illegale, portano sul mercato ciò che rimane in mare, cioè pesci spada che pesano meno di 5 Kg, esemplari che hanno soltanto pochi mesi ma che una volta all’amo non hanno nessuna possibilità di sopravvivenza. Una recente ricerca spiega come circa il 30% del pescato totale mondiale non viene dichiarato ed è frutto di una pesca illegale. Ciò significa che 1 pesce su 3 proviene da pesca illegale e che non ha raggiunto la taglia minima per essere pescato.*


Inoltre oggi i paesi europei del Mediterraneo sono i maggiori consumatori di prodotti ittici al mondo, ma più dei 2/3 del prodotto consumato proviene dall’Atlantico e dai Paesi in via di sviluppo*, con  conseguenze ambientali, economiche e sociali. Ciò è in parte dovuto alla carente presenza di prodotto Mediterraneo sul mercato nazionale, conseguenza del fatto che il 93% degli stock ittici mediterranei è ritenuto sovra-sfruttato.   

Da parte dei consumatori è necessario conoscere meglio le specie che sono tipiche delle acque mediterranee e le stagioni in cui è possibile e consigliabile acquistarle. Alla grande distribuzione chiediamo un'assunzione di responsabilità nei confronti di questi temi, per il rifornimento dei loro banchi, ma anche un'attenzione particolare alla qualità del pescato proveniente dagli impianti di acquacoltura (la produzione di organismi acquatici, principalmente pescicrostacei e molluschi, ma anche alghe, in ambienti confinati e controllati dall'uomo.) Questa, infatti, crediamo possa rappresentare uno degli strumenti per la salvaguardia dei mari del futuro: la risorsa ittica non è più sufficiente a nutrire una popolazione che richiede pesce in quantità sempre maggiori e senza alcun riferimento territoriale specifico (all'indomani della seconda guerra mondiale il pesce, almeno in Italia, era consumato essenzialmente sui laghi, nelle aree costiere e nelle grandi città). Per evitare il depauperamento totale dobbiamo fare quello che l'Uomo ha fatto sulla Terra decine di migliaia di anni fa, cioè trasformarsi da raccoglitore e cacciatore ad agricoltore ed allevatore.  Quindi dobbiamo allevare pesce, lo dobbiamo fare in modo intelligente e moderno, cioè spingere sulla qualità, sulla compatibilità ambientale e sull'approccio estensivo piuttosto che intensivo. Dobbiamo usare la ricerca per sperimentare nuove e sempre migliori modalità di alimentazione, sostenibili nel tempo e nello spazio. Dobbiamo usare la ricerca per riuscire ad allevare nuove specie che oggi non sono “allevabili” e che continuiamo a pescare se non qui in altri mari, magari del “Sud del Mondo”, depauperando laggiù le risorse per poter alimentare le tavole di noi occidentali.

Ma cosa si intende per pesca sostenibile?

La pesca sostenibile dovrebbe essere la strategia per continuare le attività di pesca che l’uomo ha portato avanti fino ad oggi cercando di recare meno danni possibili all’ambiente. Questo può avvenire preservando il funzionamento delle comunità e degli habitat da cui le diverse specie di pesci dipendono, per la loro crescita e riproduzione, secondo un approccio ecosistemico alla gestione della pesca, il che è essenziale al fine di garantire un rifornimento costante di individui alle popolazioni ittiche oggetto di pesca.

Comprare pesce con consapevolezza vuol dire quindi agire per la salute dei mari e dei laghi, vuol dire chiedere qualità dei prodotti e ricerca ed innovazione per abbassare l'impatto degli impianti e per allevare nuove specie; vuol dire salvaguardare le comunità locali, qui ed altrove, vuol dire avere a cuore la dignità del lavoro e le condizioni di vita dei lavoratori che vengono spesso calpestate sulle grandi navi della pesca industriale che ogni giorno prelevano enormi quantità di pescato dalle acque degli oceani. Non è solamente un tema ambientale (e lo è fortemente) ma anche un tema che riguarda la coesione sociale e la dignità della Comunità globale.